Gli alpinisti sono per natura introversi, individualisti, apolitici, inclini alla fuga, eppure circa venticinque anni fa anche gli alpinisti vissero il loro Sessantotto. Fu una primavera di grandi utopie ai margini della contestazione studentesca, ben più vicina a Bob Dylan che al Che, ai poeti beat che a Mao, ai “figli dei fiori” che alla lotta di classe. La nuova arrampicata era la via di liberazione dai fardelli della tradizione alpinistica: non più lotte con l’Alpe, vette, croci, sacrifici, doveri, gerarchie, ma “viaggi” in parete, giochi di roccia, bivacchi psichedelici, vie all’altopiano; il mito californiano echeggiò dalle inesplorate pareti di gneiss della Valle dell’Orco ai precipizi di granito della Val di Mello. Questo libro racconta quella storia irripetibile e raccoglie gli scritti e le testimonianze dei giovani ribelli che, senza saperlo, cambiarono per sempre il volto dell’alpinismo.
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