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Tradizione e modernità


Anche se fingiamo di non vedere, la montagna del terzo millennio mescola il vecchio e il nuovo, il dentro e il fuori. L’inchiesta di Dematteis è molto chiara in tal senso. Le valli sono un impasto di tradizione e modernità, e paradossalmente la sopravvivenza della “tradizione” dipende dalla sua capacità di evolvere e dalla disponibilità a macchiarsi con culture diverse, sforzandosi di imparare le due lingue del pianeta: il locale e il globale. Pena la museificazione o l’estinzione.
D’altra parte l’idea del montanaro è un mito di citta, che forse risale ancora al Buon selvaggio di Rousseau. Se leggiamo la storia scopriamo che montanari non si nasce, ma si diventa. Diventarono montanari i cacciatori-raccoglitori dell’età preistorica, in cerca di risorse per vivere; diventarono montanari i monaci-contadini del Medioevo, spinti dalla bonifica di nuove terre; diventarono montanari perfino i leggendari Walser, che dalle pianure del Nord scesero per necessità ad abitare gli altopiani del Vallese, e poi le valli del Monte Rosa. È tutta una questione di adattamento.
Le Alpi cambiano da sempre, ma oggi si corre ai cento all’ora. In Valle d’Aosta un caposaldo della cultura e dell’economia locale, riassunto dai simboli della vache e della fontina, è stato sradicato dall’indisponibilità dei giovani a fare il lavoro del malgaro, nonostante i sussidi e le agevolazioni. In dieci anni i pastori magrebini hanno sostituito i valdostani, senza clamori e con ottimi risultati. Una rivoluzione antropologica che, in altri tempi, avrebbe richiesto l’uso dei forconi.
Nei masi del Sudtirolo, altro baluardo della civiltà e della mitologia alpina, i giovani scendono verso i centri di valle, i figli primogeniti sono riluttanti a farsi carico dell’eredità, cresce il fastidio delle donne nel presidiare le terre alte; dall’economia dell’autoconsumo si è passati all’economia del reddito, dunque si può restare o scappare via.
Ma il futuro non prevede solo viaggi dall’alpe verso la città. Le Alpi possono contemplare anche viaggi e incertezze in senso contrario, di migranti che scelgono le valli e diventano nuovi montanari. Normalmente si guarda alla montagna come a un’eredità del passato, talvolta amata e talvolta subita, ma dopo aver sperimentato i limiti dell’urbanizzazione si può cambiare prospettiva, leggendo nel mondo di ieri i segni del domani.