Pubblicazione

Prefazione


Chi, da Torino, ammira i quattrocento chilometri di Alpi che circondano la città vede un profilo che va innalzandosi da sud a nord, culminando nella gelida silhouette del Monte Rosa. Il Rocciamelone di Susa è la prima vela bianca che si alza nel cielo, poi vengono le belle montagne delle Valli di Lanzo – Ciamarella e Bessanese – e i picchi ghiacciati del Gran Paradiso, fino alla parete valsesiana del Rosa, altissima sopra la pianura. La parete della Valle Anzasca non si vede da Torino, ma è ancora più himalaiana e guarda a est, verso Milano e la Lombardia, catturando il primo sole.
A questo profilo corrisponde una straordinaria varietà di valli, dal sapore molto alpino. Quelle del Monte Rosa sono dominate dai ghiacciai, mentre le valli del Gran Paradiso piemontese e le Valli di Lanzo, fino alla media Valle di Susa, hanno quote un po’ più basse ma paesaggi altrettanto severi, ricchissimi di valloni laterali, borgate, alpeggi; sono i terreni ideali per l’escursionismo. Le valli del Monte Rosa sono abitate dalla minoranza walser e presentano eccezionali architetture di legno, uniche sulle Alpi, diversi dialetti di matrice tedesca e un’antica tradizione religiosa che si riscontra nelle chiese, negli affreschi, nelle rappresentazioni della devozione popolare.
Le valli del Gran Paradiso sono protette dal primo parco nazionale italiano, ricche di meraviglie naturali, popolatissime di animali. Non hanno niente da invidiare alle valli aostane del Parco, ma sono meno frequentate e conosciute. Lo stambecco è il simbolo del Gran Paradiso, ma si è recentemente spinto in altre valli come la Val d’Ala di Lanzo, abitando le rocce ai piedi dell’Uia di Mondrone e della Ciamarella.
La Valle dell’Orco, la Val Soana e le Valli di Lanzo sono state un tempo vivissime nella proposta turistica, frequentate da regine e re di casa Savoia, e da villeggianti cittadini colti e innamorati. Oggi questa vocazione va riscoperta e rilanciata, e non può che avvenire attraverso un turismo dolce e morbido, “sweet”, che non cerchi i caroselli dello sci di massa ma una lenta e intelligente integrazione con i valligiani, con uno scambio rispettoso e costruttivo tra città e montagna. Così si potrebbero far rivivere molte borgate abbandonate e sostenere alcune coltivazioni di nicchia, ma di pregio, che un tempo costituivano l’economia di base delle valli piemontesi e oggi possono divenire offerte “slow food” di alta qualità. La proposta vale in particolare per i prodotti d’alpeggio, dalla toma della Valsesia a quella di Ceresole e delle Valli di Lanzo. Dunque buon cammino e buoni assaggi!