Pubblicazione

Prefazione


Esistono le cattive guide, le buone guide e le belle guide. Vale per le guide (alpine) in carne e ossa e vale per i libri, perché anche dietro una guida di carta c’è un autore, un cervello, un’esperienza, o almeno dovrebbe.
Le cattive guide sono quelle che ti fanno rimpiangere di essere partito, perché sbagli strada, sbagli scelta, sbagli ritmo, o semplicemente vai in cima senza aver capito niente. Con le cattive guide un posto vale un altro e anche il più bel gioco – alla fine della fiera – si riduce a una questione di tempi e dislivelli. Non resta altro nella memoria. Potresti camminare su internet e non sarebbe poi così diverso, tanto c’è la foto di chi c’è andato prima, ci sono i suoi commenti, c’è tutto il bignamino della passeggiata o della scalata, manchi solo tu, il tuo sguardo, il tuo desiderio. Con le cattive guide, di carne o carta che siano, si cammina, si scia o si scala per procura, come se un altro – la guida, appunto – decidesse in anticipo le nostre emozioni, e noi non fossimo persone ma consumatori di tempo libero. Nient’altro.
Con le buone guide è diverso. Le buone guide contengono descrizioni accurate e ti portano sempre a destinazione. Portali su e poi riportali giù: sono i pilastri di un codice deontologico. Lo stesso se sono guide di carne: ti legano, ti accompagnano sulla cima e ti riaccompagnano a valle sano e salvo. Non è poco, perché tutti abbiamo il diritto, grazie alla guida, di completare la nostra esperienza in sicurezza e serenità. Tutti desideriamo spendere bene il nostro tempo, e spendendo vogliamo arricchirci: odori, scoperte, emozioni, ricordi. Le buone guide consentono, anzi ottimizzano: scelgono per noi gli itinerari migliori, li ordinano educatamente, scartano quella parete o quella cresta dove cadono le pietre, consigliano quell’altra dove il rischio è fugato e il successo garantito. Sono come mamme premurose e di scarsa fantasia, come ogni mamma italiana, che conoscono i rischi, li prevedono, li aggirano. Per il bene dei loro figli; e per la buona reputazione della guida, naturalmente.
Poi ci sono le belle guide. Questa di Serino lo è. Le belle guide non sono “politically correct”, perché mettono anche le pietre ballerine, le pareti ombrose, gli avvicinamenti lunghi e avventurosi, dove cammini tanto e scali poco, e nel bilancio di fine giornata i conti possono anche non tornare. Le belle guide non si arruffianano il lettore per offrirgli gioie garantite o soddisfazioni preconfezionate, ma sono fedeli prima di tutto ai luoghi, alla verità dei luoghi, e te ne restituiscono l’anima. Bella o brutta non importa, ma vera. La bella guida esige che il lettore faccia delle scelte, sbagli, si penta, riprovi, e alla fine scopra una montagna “sua”, vissuta in prima persona, rielaborata attraverso fatiche e successi di prima mano.
Se poi i luoghi sono aspri e magici come quelli intorno al Sempione, dove la roccia la fa ancora da padrona, e i ghiacciai splendono su una montagna antica dura e senza scorciatoie, allora una bella guida è anche una buona compagna, perché ti fa innamorare di un posto speciale. Che cosa si può chiederle di più?